di Cristina Marchi
In una società liquida come quella di Bauman, per sopravvivere, dobbiamo imparare essere flessibili e ad adattarci ai nuovi cambiamenti. Nel 2030 uno studio condotto da McKinsey (2017) stima che dal 3 al 14% della popolazione mondiale (dai 75 milioni ai 375 milioni di lavoratori) dovranno cambiare categoria professionale. E questo in parte sta già accadendo in alcune piccole realtà professionali che hanno dovuto, per ragioni di sopravvivenza, cambiare pelle. E questo è dovuto non solo al grande cambiamento che l’era digitale ha portato nel mondo del lavoro anche la crisi del 2008 ha costretto manager e dirigenti a reinventarsi un impiego e una nuova professione.
Tutto questo ha aperto le porte a un nuovo concetto di approccio alla vita lavorativa e professionale basata sul Long Life Learning ovvero all’aggiornamento continuo delle proprie competenze. Nasce quindi un nuovo bisogno che è quello di diventare sempre più competenti non solo ed esclusivamente nella propria specifica professione. Questo è dimostrato con la sempre crescente domanda da parte delle aziende di persone con competenze trasversali (soft skills) quali problem solving, lavoro di gruppo, creatività, pensiero critico … Sia chiaro che queste competenze appartengono alla sfera relazionale e quindi hanno come presupposto la capacità di cogliere ogni aspetto sociale e interpersonale che vada oltre il mero lavoro per cui l’azienda ci paga.
Chi prima arriva meglio alloggia! Chi ha tempo non aspetti tempo! Il timer è partito, prima comprendiamo questa importate passaggio verso un mondo in continuo movimento, prima riusciremo a incontrare la domanda di professionisti all’altezza delle esigenze.
Possiamo dire addio ai percorsi di carriera lineari e iniziare il nostro percorso verso l’approccio dalla formazione continua. Crescere la proprie competenze professionali e personali ci aiuta ad essere delle persone migliori e ad affrontare in maggiore stimolo le sfide di ogni giorno!
By Cristina Marchi